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Il trattamento di fine rapporto o TFR



Il trattamento di fine rapporto (conosciuto anche come liquidazione o buonuscita) è una somma che viene accantonata dal datore di lavoro e che viene liquidata al lavoratore dipendente nel momento in cui il rapporto di lavoro viene a cessare per qualsiasi motivo.

I lavoratori dipendenti hanno tre possibilità:

1. possono scegliere di mantenere il TFR in azienda (come liquidazione);

2. possono versare il TFR in un fondo pensione;

3. in via sperimentale da marzo del 2015 possono ottenere in busta paga la quota di trattamento di fine rapporto maturata mensilmente.


Che cos'è il TFR?


Il trattamento di fine rapporto è un importo commisurato alla sua retribuzione e corrisposto al momento di cessazione del rapporto di lavoro. Si tratta, in pratica, di una retribuzione differita nel tempo, incrementata per ogni anno di lavoro alla quale hanno diritto tutti i lavoratori dipendenti. Il TFR è conosciuto anche come liquidazione o buonuscita.


Il TFR e la previdenza complementare


Il TFR può essere accantonato su richiesta del dipendente da parte del datore di lavoro, in un fondo di previdenza complementare.

Il lavoratore che scelga di versare il suo TFR in un FONDO PENSIONE, si garantisce una forma di accantonamento che ha le caratteristiche e i vantaggi della previdenza complementare i cui contributi versati sono deducibili.

Decidendo di accantonare il TFR in un fondo pensione si attiva una forma di pensione integrativa.


Come è tassato il TFR?

Il trattamento di fine rapporto è soggetto ad una tassazione separata, in quanto si tratta di reddito che si è formato in un arco temporale pluriennale,  che, quindi non si cumula ai redditi dell’anno in cui viene riscosso. Il TFR non deve nemmeno essere indicato nella dichiarazione dei redditi, salvo l’opzione per la tassazione ordinaria. Il calcolo dell’ imposta dovuta sul TFR è complesso e tiene conto di fattori come:

1. il periodo di maturazione delle quote (accantonamenti anteriori al 1 gennaio 2001 o successivi a questa data);

2. la determinazione di un reddito annuale di riferimento (in base al numero di anni di lavoro);

3. l’aliquota media da applicare a tale reddito.

Si tratta di conteggi che vengono effettuati da commercialisti, consulenti del lavoro, ecc., soprattutto perché l’imposta sul TFR è trattenuta alla fonte, e viene liquidata dagli Uffici finanziari entro il terzo anno seguente alla presentazione del modello 770 da parte del datore di lavoro (non vengono riscossi o rimborsati importi di importo inferiore ad € 100).


TFR in busta paga

Dal 2015 i lavoratori dipendenti possono ottenere mensilmente un anticipo in busta paga del TFR.

Una volta che il dipendente decida di ottenere o meno la liquidazione in busta paga mensilmente non può essere revocata fin al 30 giugno di ogni anno.

Lo stesso vale per chi abbia deciso di versare il proprio trattamento di fine rapporto in un fondo di previdenza complementare o fondo pensione.


Bisogna considerare che:

1. il TFR in busta paga viene tassato secondo la tassazione Irpef ordinaria, con un prelievo più gravoso di quello previsto per il TFR ordinario (su cui si applica la media delle aliquote degli ultimi anni di lavoro);

2.lo stipendio maggiorato della quota di TFR mensile può incidere sulle agevolazioni legate all’Isee e le detrazioni.


Chi può richiedere il TFR in busta paga?

IL TFR in busta paga può essere richiesto dal lavoratore che risulti assunto da un periodo di almeno sei mesi, tramite la presentazione del modulo QU.I.R.(Quota maturanda del trattamento di fine rapporto come integrazione della retribuzione).

L’opzione per ottenere l’anticipo del TFR in busta paga decorre da marzo.

Il TFR viene liquidato al lavoratore 1 mese dopo la presentazione della richiesta per aziende che abbiano più di 50 dipendenti, oppure 4 mesi dopo per aziende che abbiano meno dipendenti.

Non possono chiedere il TFR in busta paga i lavoratori domestici, i lavoratori agricoli, i lavoratori di aziende sottoposte a procedure concorsuali i dipendenti che lavorino presso unità produttive in cassa integrazione straordinaria o in deroga.


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